Stipendi in contanti: stop dal 1° luglio


La Legge di Bilancio 2018 ha stabilito, dal 1° luglio p.v ., il divieto di pagamento dello stipendio in contanti, pertanto, dalla predetta data  le retribuzioni, nonchè gli anticipi di retribuzione, potranno essere pagati  solo attraverso mezzi di pagamento tracciabili.
Il pagamento della busta paga potrà avvenire solo tramite banca o ufficio postale come di seguito indicato:
bonifico su conto corrente con codice IBAN indicato dal lavoratore;
altri strumenti per i pagamenti elettronici;
pagamento in contanti direttamente in banca o alla posta, solo se il datore di lavoro ha aperto un c/c di tesoreria con mandato di pagamento;
tramite assegno bancario o circolare; questo potrà essere consegnato direttamente al lavoratore o a un suo delegato. Si potrà delegare solo in caso di effettivo e comprovato impedimento e solo al coniuge, al convivente o altro familiare o affine del lavoratore, comunque con età sopra i sedici anni.

Il divieto di pagare in contanti la retribuzione in busta paga, vige  per tutti i rapporto di lavoro subordinato, indipendentemente dalle modalità di svolgimento della prestazione e dalla durata del rapporto pertanto è applicabile a:
contratti a tempo pieno e part-time;
rapporti di lavoro a tempo indeterminato e determinato;
ai contratti di apprendistato;
a tutte le altre forme di lavoro flessibile (contratto a chiamata, job sharing ecc.)
ai soci lavoratori di cooperative con contratti subordinati;
ai committenti di collaborazioni coordinate e continuative (co.co.co). ed infine ai contratti di lavoro stipulati in qualsiasi forma dalle cooperative con i propri soci.

Restano espressamente esclusi dal predetto obbligo:
i rapporti di lavoro instaurati con le pubbliche amministrazioni di cui al comma 2 dell’art. 1 del D.Lgs. n. 165/2001;
i rapporti di lavoro domestico;
i compensi derivanti da borse di studio, tirocini e rapporti autonomi di natura occasionale.
Inoltre la norma citata statuisce che la firma apposta dal lavoratore sulla busta paga non costituisce in alcun caso prova dell’avvenuto pagamento della retribuzione spettante, tale prova infatti potrà derivare solamente dalla tracciabilità del pagamento stesso.

Il datore di lavoro o committente che viola l’obbligo di pagamento tracciato delle retribuzioni è punibile una sanzione amministrativa pecuniaria consistente nel pagamento di una somma da 1.000 euro a 5.000 euro. L’Ispettorato nazionale del lavoro, con la Nota protocollo n. 4538/2018, fornisce i primi chiarimenti in merito all’obbligo imposto in capo ai datori di lavoro del settore privato di retribuire i dipendenti soltanto con mezzi tracciati e specifica che tale sanzione, non  essendo diffidabile, l’eventuale contestazione dell’illecito al trasgressore, sarà sanzionata nella misura ridotta (ex art. 16 legge n. 689/1981), pari a 1.667 euro e, in caso di mancato versamento, sul codice tributo 741T, l’autorità competente a ricevere il rapporto, è l’Ispettorato territoriale del lavoro. Il pagamento della sanzione irrogata deve essere versata entro 60 giorni dalla notifica della violazione. In ogni caso, precisa l’Ispettorato del lavoro, è possibile impugnare il verbale, entro 30 giorni, facendo ricorso amministrativo al direttore della sede territoriale dell’Ispettorato
Da evidenziare che la violazione della norma si ha anche:
quando la corresponsione delle somme avvenga con modalità diverse da quelle indicate dal legislatore;
nel caso in cui, nonostante l’utilizzo dei predetti sistemi di pagamento, il versamento delle somme dovute non sia realmente effettuato, ad esempio, nel caso in cui il bonifico bancario in favore del lavoratore venga successivamente revocato ovvero l’assegno emesso venga annullato prima dell’incasso; circostanze che evidenziano uno scopo elusivo del datore di lavoro, ne consegue che, in caso di controlli o ispezioni, gli ispettori,  ai fini della contestazione, verificheranno  non soltanto che il datore di lavoro abbia disposto il pagamento utilizzando gli strumenti previsti ex lege ma che lo stesso sia andato a buon fine.

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