Reddito di cittadinanza e assunzioni agevolate: le “rigidità” normative allontanano le aziende

dal sito IPSOA


Eufranio Massi - Esperto di Diritto del lavoro e Direttore del sito www.dottrinalavoro.it 
Per ottenere gli incentivi contributivi in caso di assunzione di un disoccupato che percepisce il reddito di cittadinanza il datore di lavoro deve rispettare una serie di condizioni. Prima di tutto, assumere con un contratto a tempo pieno e indeterminato. Questa condizione, di fatto, esclude interi settori produttivi dove l’occupazione, anche se stabile, è per lo più a tempo parziale. Ne sono un esempio il settore della grande distribuzione commerciale, i call-center, l’edilizia e tanti altri ancora. Un limite che, aggiunto agli altri paletti, rischia di allontanare i datori di lavoro interessati ad assumere? 
Con l’emanazione della circolare INPS n. 104 del 19 luglio 2019, il quadro regolatorio riferito alle agevolazioni in favore dei datori di lavoro che intendono assumere soggetti titolari del reddito di cittadinanza è completo.
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Il provvedimento amministrativo dell’Istituto, partendo dal dettato normativo e richiamando, giustamente, le disposizioni comunitarie ed italiane in materia di benefici, effettua una disamina completa che, per certi versi, non fa altro che ripetere argomenti e materie già ben conosciute dagli addetti ai lavori in quanto sempre richiamate in presenza di benefici incentivanti.
Le condizioni per gli incentivi
Si tratta di condizioni che possono così riassumersi:
Incremento occupazionale netto rispetto al numero dei dipendenti a tempo indeterminato (secondo i criteri fissati dall’art. 31, comma 1, lettera f) del decreto legislativo n. 150/2015). 
Il calcolo si effettua mensilmente, confrontando il numero dei lavoratori dipendenti equivalente a tempo pieno del mese di riferimento con quello medio dei 12 mesi precedenti, escludendo dalla base occupazionale media i lavoratori che abbiano abbandonato il posto di lavoro per dimissioni, invalidità, pensionamento per raggiunti limiti di età, riduzione volontaria dell’orario di lavoro e licenziamento per giusta causa. Per le aziende di nuova costituzione, tutte le assunzioni costituiscono incremento occupazionale.
Rispetto dei principi generali previsti dall’art. 31 del decreto legislativo n. 81/2015 
Ad esempio, assunzione non deve discendere da un obbligo di legge o di contratto collettivo, rispetto dei diritti di precedenza, non assunzione in unità produttive, per le stesse o analoghe mansioni di lavoratori in integrazione salariale straordinaria, non assunzione di lavoratori provenienti da imprese collegate o controllate o riferibili, per interposta persona, allo stesso proprietario, ecc.
Regolarità contributiva e rispetto degli altri obblighi di legge ed applicazione del trattamento economico e normativo dei contratti collettivi stipulati a livello nazionale, territoriale od aziendale, dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Regolarità con le coperture d’obbligo previste dalla legge n. 68/1999, fatta salva l’ipotesi di assunzione di beneficiario di reddito di cittadinanza iscritto nelle liste di avviamento al lavoro dei portatori di handicap. Ricordo che, per completezza di informazione, un datore di lavoro è da considerare in regola se, ad esempio, ha sottoscritto una convenzione con i servizi per l’impiego ex art. 11 e ne sta dando esecuzione, o se per le aliquote di scopertura sta pagando il contributo esonerativo, o si trova in un momento di sospensione temporanea degli obblighi occupazionali a cui fa riferimento l’art. 5.
Rispetto del “de minimis” (regolamenti comunitari n. 1407/2013, n. 1408/2013 e n. 717/2014). Senza entrare nello specifico ricordo che il regolamento n. 1407 prevede un importo complessivo di aiuti concedibili alla stessa impresa pari ad un massimo di 200.000 euro nel corso di tre esercizi finanziari che scendono a 100.000 nel settore del trasporto, a 20.000 nella produzione di prodotti agricoli (regolamento n. 1408) e a 30.000 nel settore della pesca e dell’acquacoltura (regolamento n. 717). Va, inoltre ricordato, che in caso di “impresa unica” (art. 2, paragrafo 2, del regolamento n. 1407) il beneficio va calcolato sull’insieme delle imprese per le quali esiste correlazione in termini di quote societarie, di azioni, di influenza dominante, ecc. .
Datori di lavoro interessati
I datori di lavoro, potenzialmente interessati, sono pressoché tutti con la sola, ovvia eccezione, delle Pubbliche Amministrazioni.
Misura del beneficio
Ma, per ben comprendere le difficoltà e la convenienza, premesso che le assunzioni debbono avvenire con contratto a tempo pieno ed indeterminato o con contratti di apprendistato professionalizzante, credo che sia necessario quantificare l’agevolazione, avendo ben presente che, al verificarsi di determinate condizioni (ad esempio, licenziamento dichiarato illegittimo, anche quando avvenuto per giusta causa o giustificato motivo nei trentasei mesi successivi all’assunzione –art. 8, comma 1, decreto legge n. 4/2019-), essa va restituita nella misura pari a quella già fruita, comprensiva dell’esonero relativo alla contribuzione dovuta sia dal datore di lavoro che dal lavoratore e con l’applicazione delle sanzioni civili (art. 116, comma 8, lettera a) della legge n. 388/2000), calcolate in base al tasso di riferimento maggiorato del 5,5% in ragione di anno. Il discorso vale anche per l’apprendistato professionalizzante: il recesso ex art. 2118 c.c. al termine del periodo formativo comporta l’obbligo di restituzione dell’incentivo fruito.
La circolare n. 104 afferma che la misura del beneficio è pari alla somma dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro e del lavoratore, con esclusione dei premi e dei contributi dovuti all’INAIL e dei “contributi minori” chiaramente citati nella nota INPS, nel limite dell’importo fruito dal lavoratore assunto e, comunque, entro il tetto di 780 euro mensili. Ciò significa, ad esempio, che se l’importo è di 350 euro è quello il limite al quale far riferimento.
La circolare n. 104, dopo aver ricordato che il reddito di cittadinanza si riferisce al nucleo familiare, osserva che è possibile riconoscere lo sgravio anche per più di un’assunzione dei componenti la famiglia purchè, a seguito della prima assunzione incentivata, residui un importo di reddito.
Ma, andando al sodo, a quanto ammonta il beneficio cumulabile, a determinate condizioni, con il Bonus Sud 2019 ma, al momento, non con quello previsto dall’art. 1 bis, del decreto legge n. 87/2018, in quanto non è stato ancora emanato il D.M. del Ministro del Lavoro che ne deve determinare le modalità di fruizione (il termine ordinatorio è scaduto il 12 ottobre 2018)?
Esso è pari alla differenza tra 18 mensilità e quelle già godute dal beneficiario e, comunque, non inferiore a 5 e, sempre, nel tetto massimo dei 780 euro mensili. Qualora il lavoratore abbia acquisito la propria professionalità al termine di un percorso di formazione di un Ente accreditato o un Fondo paritetico interprofessionale per la formazione continua l’importo massimo è di 390 euro per lo stesso periodo, atteso che i restanti 390 euro sono corrisposti all’Ente o al Fondo paritetico.
Alcune considerazioni
Ovviamente, la materia anche per altri risvolti andrebbe trattata più profondamente cosa che mi porterebbe lontano dalla presente riflessione, per cui vado al nocciolo della domanda: perché, allo stato attuale, è difficile assumere?
Il datore di lavoro deve, preventivamente, iscriversi alla piattaforma digitale ANPAL comunicando le postazioni lavorative che intende coprire: tali disponibilità andranno comunicate alle Regioni ed ai dipendenti Centri per l’impiego con un raccordo tra questi ultimi e l’INPS per quel che riguarda la quantificazione dei benefici: al momento, esistono problemi di accesso al sito e problemi legati alla effettiva quantificazione dell’incentivo. Un sistema che ha quale compito principale quello di favorire l’incontro tra domanda ed offerta di lavoro dovrebbe poter facilmente indicare le agevolazioni riconosciute a fronte delle diverse ipotesi.
Ma, a parte tale procedura mi chiedo: siamo sicuri che i datori di lavoro abituati ad assumere dopo un periodo di stage o dopo una esperienza a termine provvedano ad inserire nei propri organici, da subito, lavoratori che conoscono vagamente, con un contratto a tempo pieno ed indeterminato?
E, siccome la norma legale è questa, mi chiedo per quale motivo interi settori di possibile occupazione siano tagliati fuori. Mi riferisco, ad esempio, alla grande distribuzione commerciale ove, la maggior parte degli addetti alle vendite a tempo indeterminato sono a tempo parziale (24/30 ore): in caso di assunzione a tempo pieno di un altro soggetto con tale qualifica scatta per costoro, contrattualmente un diritto di precedenza al tempo pieno e quindi, una collocazione nel settore appare, francamente, impossibile. 
Lo stesso discorso va fatto per il settore delle pulizie dove i lavoratori in forza a tempo indeterminato sui vari appalti hanno, da sempre, rapporti a tempo parziale. La stessa cosa si può dire per i call-center o, addirittura, per il settore agricolo ove le attività a carattere stagionale sono ampiamente prevalenti ed i rapporti sono a tempo determinato, con la sola eccezione di quelli “di stalla” od impiegatizi. Anche l’edilizia, caratterizzata da fasi lavorative, non può rappresentare uno sbocco occupazionale per i titolari di reddito di cittadinanza. Ed il discorso potrebbe, facilmente, essere allargato ad altri settori produttivi.
Il Legislatore avrebbe potuto pensare di agevolare l’assunzione anche con rapporti a tempo parziale, nel rispetto dei limiti fissati, laddove esistenti, dal CCNL di settore sottoscritto dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale: forse (mi auguro, sinceramente, di sbagliare) ci poteva essere qualche opportunità in più.
Si ha quasi l’impressione che sia stato costruito un sistema ove, accanto alle agevolazioni richiamate che, giustamente, debbono restare entro i “paletti” fissati dalla normativa nazionale e comunitaria, è stato previsto un iter procedimentale “di approccio al lavoro” (che, in molti casi, sarà il primo lavoro) e di successivi controlli, francamente pesante, che rischia di allontanare i datori di lavoro “desiderosi”.

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