Legge di Bilancio 2021: Divieto di licenziamento fino al 31 marzo 2021



La legge di Bilancio 2021 in vigore dal 1° gennaio 2021, ha, tra le altre cose, previsto la proroga, fino al 31 marzo 2021, del blocco dei licenziamenti
La norma prevede il divieto di:
1. avviare le procedure di licenziamento collettivo, previste dagli articoli 4, 5 e 24, della Legge n. 223/1991,
2. concludere eventuali procedure di licenziamento collettivo avviate dopo il 23 febbraio 2020,
Eccezione: allorquando i dipendenti interessati al recesso risultino impiegati in un appalto che ha subìto un cambio di appaltatore, il quale, in forza di una norma di legge (ad esempio, secondo quanto previsto dall’articolo 50, del Decreto Legislativo n. 50/2016, “codice contratti pubblici”), di contratto collettivo nazionale di lavoro (un esempio è presente nell’articolo 4 del CCNL Multiservizi) o di clausola prevista all’interno dello stesso contratto di appalto, è obbligato a riassumere il personale in forza al momento del subentro.
3. procedere a licenziamenti individuali o plurimi per giustificato motivo oggettivo,
4. avviare procedure di conciliazione obbligatoria, previste dall’articolo 7 della Legge n. 604/1966. Si tratta di quei tentativi di conciliazione obbligatoria presso la Commissione di Conciliazione dell’Ispettorato territoriale del lavoro, previsti unicamente per i lavoratori a tutele reali (lavoratori assunti a tempo indeterminato prima del 7 marzo 2015 in aziende con organico superiore alle quindici unità) per i quali l’azienda voglia procedere ad un licenziamento per giustificato motivo oggettivo.

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3-Licenziamenti individuali o plurimi
Per quanto riguarda il punto 3, si tratta di licenziamenti effettuati per ragioni inerenti l'attività produttiva, l’organizzazione del lavoro ed il regolare funzionamento di essa, così come previsto dall’articolo 3, della legge n. 604/1966. Quindi per motivazioni non riguardanti il lavoratore (motivi soggettivi), ma legate esclusivamente a scelte imprenditoriali.
Sulla scorta di quanto specificato dal Ministero del Lavoro, nella circolare n. 3 del 16 gennaio 2013, le fattispecie di licenziamento per giustificato motivo oggettivo risultano essere:
• Ristrutturazione dei reparti
• Soppressione del posto di lavoro
• Impossibilità della ricollocazione, anche all’interno del “gruppo di imprese”
• Licenziamento del lavoratore a tempo indeterminato in edilizia, anche per chiusura del cantiere
• Riassetto organizzativo finalizzato ad una migliore gestione economica dell'impresa
• Informatizzazione dei servizi che rendano necessaria una modifica dell'organizzazione delle prestazioni
• Cessazione dell'attività produttiva
• Terziarizzazione o esternalizzazione di attività
• Chiusure di reparti o filiali
• Inadempimento del dipendente a lui non imputabile, come, ad esempio, la sopravvenuta inidoneità fisica alle mansioni
• Provvedimenti di natura amministrativa che incidono sul rapporto di lavoro: ritiro del porto d'armi con riferimento ad una guardia giurata, ritiro della patente di guida nell'ipotesi di un autista.
Rientrano, altresì, nel divieto di licenziamento individuale anche i “recessi plurimi” per esigenze oggettive dell’azienda, che vengono effettuati nell’arco temporale di 120 giorni e che non raggiungono la soglia delle cinque unità.

Licenziamenti esclusi
Sono invece da escludere dal blocco dei licenziamenti, le seguenti risoluzioni del rapporto di lavoro:
• licenziamento per motivi disciplinari. si tratta dei licenziamenti effettuati al termine della procedura prevista dall’articolo 7 della legge 300/1970, allorquando il lavoratore abbia commesso un inadempimento agli obblighi contrattuali, tale da meritare una sanzione espulsiva. questi si dividono, a seconda della gravità, tra licenziamenti per giustificato motivo soggettivo e licenziamenti per giusta causa;
• licenziamento per superamento del periodo di comporto, ai sensi dell’articolo 2110 c.c., in quanto escluso, dallo stesso legislatore (articolo 7, comma 7, della legge n. 604/1966), dalle fattispecie del licenziamento per giustificato motivo oggettivo;
• licenziamento durante o alla fine del periodo di prova;
• licenziamento per raggiungimento del limite massimo di età per la fruizione della pensione di vecchiaia;
• licenziamento del lavoratore domestico;
• licenziamento del dirigente;
• la risoluzione dell’apprendista al termine del periodo di apprendistato;
• licenziamento dell’ex socio di una cooperativa di produzione e lavoro, qualora vi sia stata una previa risoluzione dal rapporto associativo, secondo le specifiche previste dallo statuto societario e dal regolamento della cooperativa.
Nessuna sospensione, per le risoluzioni consensuali di lavoro e le dimissioni per giusta causa, e cioè quelle dimissioni che dipendono da un comportamento irregolare del datore di lavoro, quali,  ad esempio, il reiterato mancato pagamento della retribuzione(almeno per tre  mesi) oppure il trasferimento del lavoratore da una unità produttiva all’altra senza che siano sussistenti le “comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive” addotte dal datore di lavoro.

Eccezioni al divieto di licenziamento
Il legislatore ha previsto la possibilità di procedere comunque alla risoluzione del rapporto di lavoro nelle seguenti ipotesi:
- in caso di fallimento, qualora non sia previsto l'esercizio provvisorio dell'impresa, ovvero ne sia disposta la cessazione. Nel caso in cui l'esercizio provvisorio sia disposto per uno specifico ramo dell'azienda, sono esclusi dal divieto i licenziamenti riguardanti i settori non compresi nello stesso;
- cessazione definitiva dell'attività dell'impresa, conseguenti alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell'attività. Il licenziamento è legittimo ad eccezione del caso in cui durante la liquidazione non si configuri la cessione di un complesso di beni od attività che possano configurare un trasferimento d'azienda o di un ramo di essa (ai sensi dell’articolo 2112 c.c.);
- accordo collettivo aziendale, sottoscritto con le OO.SS. comparativamente più rappresentative a livello nazionale. Queste le caratteristiche che dovrà avere la procedura:
• la controparte deve essere rappresentata dalle OO.SS. territoriali. No, quindi, alle rappresentanze aziendali (RSA/RSU);
• deve essere previsto un incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro che l’azienda dovrà corrispondere ai lavoratori aderenti alla procedura;
• l’accordo deve prevedere una adesione dei singoli lavoratori e non un licenziamento unilaterale. L’adesione deve essere certificata da un accordo individuale in sede cd. «protetta» (principalmente dalla Commissione di conciliazione presso l’ITL o in sede sindacale);
• per i lavoratori è riconosciuto il trattamento di NASpI (previsto dall'articolo 1, del decreto legislativo n. 22/2015,) anche nel caso in cui l’accordo preveda la risoluzione consensuale;
• il lavoratore, nella domanda di NASpI, dovrà allegare l’accordo collettivo aziendale e l’accordo individuale di adesione;
• l’azienda dovrà corrispondere il ticket licenziamento.

Violazione del divieto
L’eventuale violazione al divieto di licenziamento comporta la nullità del licenziamento stesso e la reintegra del lavoratore.

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