DISTACCO E FORNITURA TRANSNAZIONALE DI LAVORO


L’Ispettorato nazionale del lavoro, con circolare  del 11-01-2017 riepiloga il nuovo quadro giuridico relativo al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi e fornisce le necessarie indicazioni operative per una corretta applicazione del regime sanzionatorio ivi contenuto.

La disciplina in esame, D.Lgs. n. 136/2016, trova applicazione nei confronti delle imprese stabilite in un altro Stato membro dell’Unione europea che, nell’ambito di una prestazione di servizi, distaccano in Italia uno o più lavoratori in favore di un’altra impresa, anche se appartenente allo stesso gruppo, o in favore di un’altra unità produttiva o di un altro destinatario, a condizione che durante il periodo di distacco continui a sussistere un rapporto di lavoro tra il lavoratore distaccato e l’impresa distaccante.
Il Decreto in argomento trova applicazione anche nei confronti delle agenzie di somministrazione di lavoro stabilite in un altro Stato membro che distaccano lavoratori presso una impresa utilizzatrice avente la propria sede o unità produttiva in Italia. 
Rientrano nel campo di applicazione del Decreto, anche le ipotesi di distacco posto in essere da imprese stabilite in uno Stato terzo/extra UE, sempre che le medesime fattispecie non risultino disciplinate da leggi speciali.

Settore del trasporto su strada
Per espressa previsione normativa, nel settore del trasporto su strada le disposizioni di cui al D.Lgs. n. 136 trovano applicazione anche alle ipotesi di cabotaggio. Per quanto concerne il cabotaggio stradale di merci, il Capo III del Regolamento n. 1072/2009 definisce le condizioni e i limiti entro i quali un vettore stabilito in un Paese membro dell’Unione europea può svolgere – a titolo solo temporaneo – attività di cabotaggio, ossia di autotrasporto di merci su strada per conto terzi all’interno di un altro Paese membro (c.d. Stato ospitante), circoscrivendo la durata complessiva ad un arco temporale di sette giorni e fissando in tre il numero massimo di operazioni consentite in tale periodo. Pertanto, il cabotaggio segue sempre una tratta di trasporto internazionale ed è ammesso, nel caso di ingresso in Italia con veicolo carico, nel rispetto delle seguenti condizioni:
– solo dopo che il vettore ha consegnato integralmente le merci entrate in Italia per il tramite del citato trasporto internazionale;
– l’ultimo scarico delle merci in regime di cabotaggio prima di lasciare il territorio nazionale deve essere effettuato entro sette giorni dallo scarico integrale di cui sopra.
L’Ispettorato puntualizza che laddove sia accertato che il vettore operi in violazione della regolamentazione comunitaria relativa al cabotaggio di merci o di persone, c.d. cabotaggio irregolare, trova comunque applicazione, con riferimento ai lavoratori interessati, il nuovo Decreto in materia di distacco transnazionale. Ciò chiarito, si precisa che per il settore del trasporto su strada, di merci o di passeggeri, il Decreto n. 136 trova applicazione nelle seguenti ipotesi:
– somministrazione transnazionale di autisti da parte di agenzie di lavoro temporaneo di altro Stato membro presso una azienda utilizzatrice italiana;
– impiego di lavoratori per l’effettuazione di operazioni di cabotaggio, consistenti in una tratta di trasporto internazionale e seguite dall’uscita del mezzo dall’Italia. 
I servizi di trasporto internazionale su strada che comportano il mero transito su territorio italiano, ovvero il semplice attraversamento che non dia luogo ad attività di carico/scarico merci o imbarco/sbarco passeggeri, non configurano la fattispecie di distacco transnazionale e, conseguentemente, non comportano l’applicazione del Decreto n. 136/2016 e dei relativi obblighi.
Nelle more di un chiarimento a livello europeo, non si ritiene esigibile l’adempimento degli obblighi di cui all’art. 10 in tutte le ipotesi di trasporto la cui origine o destinazione sia l’Italia che non costituiscano operazioni di cabotaggio o non comportino somministrazione transnazionale di manodopera.

Autenticità del distacco ed elementi oggetto di verifica
L’art. 3 del decreto n. 136/2016, sulla falsariga dell’art. 4 della Direttiva 2014/67/UE, individua in modo non tassativo quali siano gli elementi che gli organi di vigilanza sono tenuti ad esaminare ai fini dell’accertamento in ordine all’autenticità del distacco:
a) il luogo in cui l’impresa ha la propria sede legale e amministrativa, i propri uffici, reparti o unità produttive;
b) il luogo in cui l’impresa è registrata alla Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura o, ove sia richiesto in ragione dell’attività svolta, ad un albo professionale;
c) il luogo in cui i lavoratori sono assunti e quello da cui sono distaccati; 
d) la disciplina applicabile ai contratti conclusi dall’impresa distaccante con i suoi clienti e con i suoi lavoratori;
e) il luogo in cui l’impresa esercita la propria attività economica principale e in cui risulta occupato il suo personale amministrativo;
f) il numero dei contratti eseguiti o l’ammontare del fatturato realizzato dall’impresa nello Stato membro di stabilimento, tenendo conto della specificità delle piccole e medie imprese e di quelle di nuova costituzione;
g) ogni altro elemento utile alla valutazione complessiva.
Il comma 3 del citato art. 3 contempla anche un elenco di elementi utili per accertare se il lavoratore sia effettivamente distaccato, elementi che dovranno essere oggetto di una valutazione complessiva e congiunta rispetto a quelli sopra indicati.
Si evidenzia che il modello che attesta l’iscrizione dell’impresa straniera al sistema di sicurezza sociale nel paese d’origine (c.d. ex Mod. E 101 oggi Mod. A1), non contiene informazioni né sulle condizioni di lavoro, né sull’adempimento degli obblighi retributivi e contributivi da parte dell’azienda, né notizie sull’effettiva sussistenza del rapporto di lavoro. Esso concerne la legislazione di sicurezza sociale applicabile al lavoratore distaccato, attestando l’obbligo per l’impresa distaccante di pagare i contributi esclusivamente nello Stato membro di stabilimento e non anche in quello ospitante. Dunque si osserva che la mancanza del Mod. A1, ovvero della relativa richiesta avente data certa, “può indicare che la situazione non sia qualificabile come distacco genuino” (cfr. considerando 12, Direttiva 2014/67/UE), costituendo uno degli elementi utili per la valutazione complessiva, peraltro non decisivo, potendo ciononostante l’operazione posta in essere risultare comunque genuina; la presenza del Mod. A1, ovvero della relativa richiesta avente data certa, non esclude la possibilità per gli organi di vigilanza di accertare eventuali ipotesi di frode, abuso o elusione, in ragione del riscontro di profili che depongano in tal senso; laddove la durata del distacco sia superiore ai 24 mesi, o comunque si riscontrino ulteriori elementi che depongano per la non temporaneità del distacco stesso, occorre in ogni caso effettuare una valutazione complessiva degli ulteriori elementi fattuali ai fini dell’accertamento di un distacco non autentico o fraudolento, non essendo normativamente fissato un limite temporale massimo superato il quale il distacco non sia da considerarsi autentico.
In merito alle fattispecie di distacco non autentico, si precisa che le stesse possono ricomprendere o anche coincidere con le note ipotesi di interposizione illecita di cui al D.Lgs. n. 276/2003 (appalto, distacco e somministrazione illeciti/non genuini), ma non devono necessariamente identificarsi con quest’ultime. L’interposizione illecita, anche se spesso ricorrente, costituisce infatti soltanto una delle ipotesi integranti la fattispecie di distacco transnazionale non autentico.
Tutele per il lavoratore e regime sanzionatorio applicabile
Nelle ipotesi in cui il distacco non risulti autentico, il lavoratore è considerato a tutti gli effetti alle dipendenze del soggetto che ne ha utilizzato la prestazione. Nelle suddette ipotesi il personale ispettivo dovrà considerare il lavoratore come impiegato sul territorio italiano dal soggetto distaccatario, applicando integralmente gli istituti e le tutele in materia di lavoro e legislazione sociale previsti dalla normativa interna.
Ciò significa che laddove risulti dimostrata una fattispecie di pseudo distacco, il personale ispettivo dovrà applicare la disciplina italiana, riconducendo il rapporto di lavoro in capo al distaccatario dal giorno di inizio dell’attività svolta in “pseudo distacco” (committente/utilizzatore); ai fini dell’imputazione previdenziale del lavoratore alla gestione INPS va comunque tenuto presente che sarà necessario procedere al disconoscimento del Mod. A1. 
Per quanto concerne il regime sanzionatorio applicabile, laddove il personale ispettivo riconduca il rapporto di lavoro in capo al soggetto distaccatario ex art. 3, comma 4, dovrà essere irrogata la sanzione amministrativa per la violazione conseguente alla mancata formalizzazione dell’instaurazione del rapporto di lavoro in Italia, non strettamente connessa al profilo previdenziale. Il comma 5 dell’art. 3 stabilisce inoltre che, nelle ipotesi in cui il distacco non risulti autentico, il distaccante e il distaccario sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 50 per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione. In ogni caso l’ammontare della sanzione amministrativa non può essere inferiore a euro 5.000 né superiore a euro 50.000. 
Se vi è impiego dei minori, la disposizione prevede l’applicazione della pena dell’arresto fino a diciotto mesi e dell’ammenda originariamente stabilita aumentata fino al sestuplo.
Si sottolinea, infine, come il distacco non autentico non risulti comunque assimilabile alla fattispecie di “lavoro nero” con esclusione pertanto delle relative conseguenze sanzionatorie.
Nel riepilogare il nuovo quadro giuridico relativo al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi, l’Ispettorato nazionale del lavoro, con Circolare n. 1/2017, si sofferma anche sul regime di responsabilità solidale e sugli adempimenti amministrativi in capo al prestatore di servizi, nonchè sulle relative sanzioni.

Trovano in ogni caso applicazione nei confronti dei lavoratori distaccati, durante il periodo di distacco, le medesime condizioni di lavoro previste dalle disposizioni normative e dai contratti collettivi per i lavoratori che effettuano prestazioni lavorative subordinate analoghe nel luogo in cui si svolge il distacco. Al fine di garantire una adeguata tutela economica ai lavoratori distaccati nel territorio italiano, il salario minimo deve ricomprendere le seguenti voci retributive: paga base; elemento distinto della retribuzione (voce retributiva collegata, coma la paga base, alla qualifica contrattuale); indennità legate all’anzianità di servizio; superminimi; retribuzioni corrispettive per prestazioni di lavoro straordinario, notturno e festivo; indennità di distacco compensative del disagio dovuto all’allontanamento dei lavoratori dal loro ambiente abituale; indennità di trasferta. Inoltre, è prevista una tutela ancor più incisiva ove si sia in presenza di un rapporto di somministrazione transnazionale di lavoro per effetto dell’applicazione delle disposizioni di cui all’art. 35, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015, a tali lavoratori viene infatti garantita una sostanziale parità di trattamento – non limitata né ai livelli minimi di condizioni di lavoro né alle materie del c.d. “nocciolo duro” – rispetto ai lavoratori italiani alle dipendenze dell’utilizzatore, sia per quanto concerne i profili normativi che per quelli retributivi.

Responsabilità solidale
Nelle ipotesi di una prestazione transnazionale di servizi attuata mediante contratto di appalto o subappalto, sarà applicabile il regime secondo il quale in caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro risponde in solido con l’appaltatore e con ciascuno degli eventuali subappaltatori per i crediti retributivi (comprese le quote di trattamento di fine rapporto), contributivi ed i premi assicurativi maturati nel periodo di esecuzione del contratto di appalto. La responsabilità solidale può essere attivata dal lavoratore entro e non oltre i due anni dalla cessazione dell’appalto e trova applicazione in tutti i settori economico/produttivi, coinvolgendo ciascun soggetto della filiera ovvero sia il committente che l’appaltatore, nonché gli eventuali subappaltatori. 
Con particolare riferimento alla disciplina in materia di trasporto di cose per conto terzi, il committente o il vettore in caso di subvezione, al fine di scongiurare il vincolo solidale, è tenuto a verificare, prima della stipulazione del contratto, la regolarità retributiva, previdenziale e assicurativa dell’imprenditore cui intende rivolgersi per l’esecuzione della prestazione. A tale scopo essi devono acquisire, all’atto della conclusione del contratto, un’attestazione rilasciata dagli enti previdenziali del Paese di provenienza, di data non anteriore a tre mesi, dalla quale risulti che l’azienda è in regola con il versamento dei contributi assicurativi e previdenziali (documento equivalente al DURC); ciò in considerazione del fatto che le nuove modalità di riscontro telematico non possono trovare applicazione nei casi di distacco transnazionale, riferendosi l’albo nazionale ivi menzionato alle sole persone fisiche e giuridiche aventi sede in Italia. 
Il committente o il vettore che non esegue la verifica dell’attestazione di cui sopra resta obbligato in solido con il vettore nonché con ciascuno degli eventuali sub vettori, entro il limite di un anno dalla cessazione del contratto di trasporto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi agli enti competenti, limitatamente alle prestazioni ricevute durante l’esecuzione del contratto di trasporto.
Diffida accertativa
Al fine di tutelare i crediti retributivi vantati dai lavoratori in regime di distacco comunitario il personale ispettivo può adottare la diffida accertativa.
Il provvedimento de quo, avente ad oggetto il differenziale retributivo accertato in sede ispettiva, viene notificato al datore di lavoro (impresa comunitaria distaccante), anche attraverso la persona di contatto individuata secondo quanto disposto dall’art. 10, comma 3, lett. b), D.Lgs. n. 136/2016. Inoltre, si ritiene che la diffida accertativa possa essere comunicata anche al distaccatario/committente/utilizzatore stabilito in Italia, in qualità di obbligato solidale, nei confronti del quale non avrà comunque efficacia di titolo esecutivo.

Adempimenti amministrativi in capo al prestatore di servizi
L’art. 10 sancisce in capo al prestatore di servizi: 
– l’obbligo di effettuare la comunicazione di distacco del personale impiegato in Italia, secondo le modalità definite nell’apposito D.M. 10 agosto 2016 e nei relativi allegati e meglio precisate con circolare INL n. 3 del 22 dicembre 2016;
– l’obbligo di conservare, predisponendone copia cartacea o elettronica in lingua italiana, la documentazione in materia di lavoro, i prospetti paga, i prospetti indicanti l’inizio, la fine e la durata dell’orario di lavoro giornaliero, la documentazione comprovante il pagamento delle retribuzioni o altro atto equivalente, nonché il certificato relativo alla legislazione di sicurezza sociale applicabile (modello A1) e la comunicazione/registrazione pubblica di instaurazione del rapporto di lavoro in quanto funzionale all’accertamento della circostanza che il lavoratore distaccato non sia sconosciuto alle autorità competenti del Paese di provenienza. Si sottolinea che il legislatore nazionale, in ossequio al principio di proporzionalità, ha ancorato la vigenza del suddetto obbligo per tutto il periodo del distacco e fino a due anni dalla sua cessazione;
– l’obbligo di designare un referente elettivamente domiciliato in Italia, incaricato di esibire, inviare e ricevere documenti. Anche in questo caso ha ancorato la vigenza di tale obbligo per tutto il periodo del distacco e fino a due anni dalla sua cessazione. In mancanza di tale designazione, è previsto che “la sede dell’impresa distaccante si considera il luogo dove ha sede legale o risiede il destinatario della prestazione di servizi”. 
L’individuazione del suddetto referente – che può essere un lavoratore dell’impresa distaccante, il soggetto distaccatario, un consulente del lavoro o altro professionista, ovvero un soggetto di fiducia del distaccante, purché elettivamente domiciliato in Italia – è chiaramente tesa ad agevolare l’interazione degli organi di vigilanza con le aziende interessate da verifiche ispettive, nonché la notifica degli eventuali atti di contestazione in modo da garantire l’effettività dei controlli e delle sanzioni;
– l’obbligo di designare una persona, anche coincidente con quella di cui sopra, che agisca in qualità di rappresentante legale, al fine di mettere in contatto le parti sociali interessate con il prestatore di servizi per una eventuale negoziazione collettiva; tale persona di contatto non ha l’obbligo di essere presente nel luogo di svolgimento dell’attività lavorativa in distacco, ma deve rendersi disponibile in caso di richiesta motivata.

Sanzioni
La violazione dell’obbligo di comunicare il distacco è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 150 a 500 euro, per ogni lavoratore interessato;
– la violazione dell’obbligo di conservare la documentazione in materia di lavoro è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 3.000 euro, per ogni lavoratore interessato;
– la violazione dell’obbligo di designare un referente elettivamente domiciliato in Italia incaricato dal distaccante di esibire, inviare o ricevere atti e documenti, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 a 6.000 euro (comma 3, lett. b);
– la violazione dell’obbligo di designare un referente con poteri di rappresentanza è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 a 6.000 euro.
Alle violazioni in argomento è inoltre applicabile l’istituto della diffida di cui all’art. 13 del D.Lgs. n.124/2004.
Fonte: Teleconsul Editore

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