BUONI PASTO: NOVITA' DALLA LEGGE DI BILANCIO 2020


Articolo tratto integralmente  dal  sito IPSOA

La legge di Bilancio 2020 interviene sul welfare aziendale nella direzione della maggior tracciabilità del sistema: il comma 677 del provvedimento, in materia di buoni pasto e mense aziendali, innalza la soglia di non concorrenza alla formazione del reddito del lavoratore dipendente per i buoni pasto elettronici da 7 a 8 euro, mentre riduce quella per i buoni pasto in formato cartaceo da 5,29 a 4 euro. Nulla cambia, invece, per le indennità erogate agli addetti ai cantieri edili, rimanendo confermata la soglia di 5,29 euro giornalieri. 

 


Ancora protagonista dell’intervento della legge di Bilancio 2020 - al vaglio della Camera per quello che dovrebbe essere l’ultimo passaggio della consueta navette di fine anno - è l’art. 51 TUIR. Questa volta, però, oggetto di revisione da parte della legge di Bilancio 2020 è il comma 2, lettera c), dell’art. 51. 

Modifiche ai buoni pasto: gli impatti su lavoratori e datori

Il “nuovo” dettato dell’art. 51, comma 2, lettera c) del TUIR sarà il seguente:




“2. Non concorrono a formare il reddito:

[…]

c) le somministrazioni di vitto da parte del datore di lavoro nonché quelle in mense organizzate direttamente dal datore di lavoro o gestite da terzi; le prestazioni sostitutive delle somministrazioni di vitto fino all'importo complessivo giornaliero di euro 4, aumentato a euro 8 nel caso in cui le stesse siano rese in forma elettronica; le indennità sostitutive delle somministrazioni di vitto corrisposte agli addetti ai cantieri edili, ad altre strutture lavorative a carattere temporaneo o ad unità produttive ubicate in zone dove manchino strutture o servizi di ristorazione fino all'importo complessivo giornaliero di euro 5,29”. 


I buoni pasto non concorreranno, dunque, alla formazione del reddito del lavoratore dipendente entro una soglia massima giornaliera stabilita dall’art. 51 TUIR. 

La legge di Bilancio 2020 interviene su tale soglia, incentivando (ulteriormente) l’utilizzo dei buoni in formato elettronico. 

Per i buoni pasto elettronici, infatti, la soglia di non imponibilità in capo al dipendente sale da 7 a 8 euro, mentre quella per i buoni pasto in formato cartaceo scende da 5,29 euro a 4 euro. 

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Nulla cambia, invece, per quanto riguarda i lavoratori addetti a cantieri edili o ad altre strutture lavorative a carattere temporaneo o, comunque, a unità produttive ubicate in zone dove manchino strutture o servizi di ristorazione, per i quali è confermata la soglia massima di 5,29 euro. 

Nulla cambia, inoltre, neppure per quanto riguarda le somministrazioni di vitto da parte del datore di lavoro nonché quelle in mense organizzate direttamente dal datore di lavoro o gestite da terzi (sostanzialmente senza erogazione di buoni pasto ai dipendenti). 

È evidente che la direzione di questa modifica è quella più ampia assunta per quanto riguarda il welfare aziendale, ovvero quella di favorire una maggior tracciabilità delle transazioni anche in questo settore. 

In questo contesto, però, non è da trascurare che attualmente, come emerge dalla relazione tecnica alla legge di Bilancio, i buoni pasto cartacei sono ancora altamente diffusi fra le imprese, questo perché la gestione dei buoni pasto elettronici non è sempre così semplice. Soprattutto per quanto riguarda la “disomogeneità” dei lettori di tali buoni fra i diversi emettitori, nonché le commissioni applicate all’utilizzo degli stessi; problema, quest’ultimo, comune all’impiego della moneta elettronica in senso lato. E di questo si trova conferma, ad esempio, nella norma del D.L. n. 124/2019 che introduce il credito d’imposta per le transazioni effettuate tramite POS. 

Impatto anche sugli oneri previdenziali

Chiaramente le novità, con la revisione delle soglie nel senso descritto, avranno impatto anche sugli oneri previdenziali, valendo le medesime esclusioni e limiti dettati dall’art. 51 TUIR anche ai fini del calcolo dell’imponibile contributivo. 

Più precisamente il valore da prendere a riferimento è quello nominale, quello facciale indicato sul buono pasto. 

È opportuno ricordare, in più, che i descritti limiti sono validi anche per i lavoratori part time, non essendo, quindi, necessaria alcuna rideterminazione proporzionata all’orario di lavoro. Peraltro, le medesime franchigie sono riconosciute anche nel caso in cui l’articolazione dell’orario di lavoro non prevedesse il diritto alla pausa pranzo (art. 4, comma 1, lettera c, D.M. n. 122/22017).

Inoltre, a differenza dei fringe benefit, i buoni pasto non rappresentano erogazioni in natura ma permettono solamente la fruizione della prestazione sostitutiva di mensa da parte dei dipendenti che ne hanno diritto, per questo non rilevano ai fini del raggiungimento della franchigia annua di esenzione di cui all’art. 51, comma 3, TUIR, pari a 258,23 euro, indipendentemente dal loro valore nominale.

Ai fini della determinazione del reddito d’impresa, invece, i buoni pasto rientrano, tra le voci di bilancio, nei costi del personale e, in quanto tali, essi sono integralmente deducibili, come confermato dall’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 6/E del 3 marzo 2009, non scontano quindi il limite del 75% di cui all’art. 109, comma 5, TUIR. 

Disciplina e utilizzo dei buoni pasto

I buoni pasto, ai sensi di quanto previsto dal D.M. n. 122/2017, rientrano tra le prestazioni sostitutive di mensa aziendale il cui diritto a riceverli è riconosciuto a tutti i lavoratori, essendo necessario che i tickets siano rivolti alla generalità dei dipendenti o a categorie omogenee di essi (cfr. circolare n. 326/E/1997 e circolare n. 188/E/1998).

L’art. 2, comma 1, lettera c), D.M. n. 122/2017 definisce il buono pasto come “il documento di legittimazione, anche in forma elettronica […] che attribuisce, al titolare, ai sensi dell’articolo 2002 del codice civile, il diritto ad ottenere il servizio sostitutivo di mensa per un importo pari al valore facciale del buono e, all’esercizio convenzionato, il mezzo per provare l’avvenuta prestazione nei confronti delle società di emissione”.

Il successivo art. 4 del decreto prevede, poi, che i buoni pasto:

- consentono al “titolare” di ricevere un servizio sostitutivo di mensa di importo pari al valore facciale del buono pasto;

- consentono all’esercizio convenzionato di provare documentalmente l’avvenuta prestazione nei confronti delle società emittente;

- sono utilizzati esclusivamente dai prestatori di lavoro subordinato, anche part time ed anche qualora l’orario di lavoro non preveda pausa pranzo, nonché dai soggetti con “…un rapporto di collaborazione anche non subordinato”;

- non sono cedibili, né cumulabili oltre il limite di 8 buoni, né commercializzabili o convertibili in denaro e sono utilizzabili solo dal titolare;

- sono utilizzabili esclusivamente per l’intero valore facciale.

L’Agenzia delle Entrate, con il principio di diritto n. 6 del 12 febbraio 2019, ha fornito i primi chiarimenti in relazione alla cumulabilità dei buoni a seguito dell’entrata in vigore del D.M. n. 122/2017.

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In tale occasione è stato precisato che il divieto di cumulo oltre il limite di 8 buoni pasto, previsto dall’art. 4, comma 1, lettera d), del decreto ministeriale, non rileva sotto il profilo fiscale, non incidendo, ai fini IRPEF, sui limiti di esenzione dal reddito di lavoro dipendente previsti dall’art. 51 TUIR.

Conclusioni

Per effetto della legge di Bilanci 2020, la non concorrenza alla formazione del reddito di lavoro dipendente (e assimilato) dei buoni pasto opererà nei limiti di 4 euro giornalieri, per quanto riguarda i buoni in formato cartaceo, e 7 euro giornalieri per i buoni pasto elettronici, a prescindere dal numero di buoni utilizzati (seppur nel rispetto del limite di otto determinato dal D.M. n. 122/2017).

L’eventuale eccedenza rispetto alle soglie, così rimodulate, va a formare reddito imponibile in capo al dipendente. 

Se, ad esempio, un lavoratore riceverà buoni pasto cartacei dal proprio datore di lavoro del valore facciale (unitario) di 7 euro la differenza rispetto alla soglia di esenzione pari a 4 euro (i.e 3 euro per ciascun buono) sconterà l’imposizione in busta paga ai fini Irpef. Nell’ipotesi di buoni pasto elettronici la soglia di esenzione è fissata nell’importo di 8 euro

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